Hully Gully – 2022

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L’imponente monolito ottunde lo sguardo, ma soprattutto incombe sulla fragilità dell’esistenza, dissimulando le sue fatalità. Il ponteggio poggia inoltre su un piatto in ceramica, che è fragile e resistente al contempo, un manufatto comune che incarna i tanti reperti sopravvissuti nel corso dei secoli, testimonianze di civiltà estinte che ancora resistono alle lusinghe dell’oblio. Qui la scultura si scioglie in danza, forma di «gioco puro». Il ballo descritto dal titolo, popolarizzato in Italia da Edoardo Vianello negli anni Sessanta del Novecento, ha origini incerte che risalirebbero agli anni Venti negli Stati Uniti; l’attestazione documentata, tuttavia, si riferisce convenzionalmente alla canzone (Baby) Hully Gully del gruppo Olympics, pubblicata nel 1959. In quanto non strutturata, questa tipologia di ballo di gruppo prevede la possibilità di un infinito numero di forme e movimenti. La medesima arte combinatoria attiene alla scultura, che qui si serve di un trabattello coperto da un telo nero (un piede del quale poggia incongruamente su un piatto) per mettere in scena la danza dei Watussi.